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Perché, se dici che bisogna perdonare le persone, non perdoni la nonna?» Da questa richiesta all'apparenza semplice pronunciata dalla piccola Nadine, sua figlia, Syria ripercorre la storia della propria vita. Tre generazioni, tre donne, tre madri: il dovere di essere forti, al di là di tutto e tutti. I drammi e le relazioni sbagliate, mani a coprire gli occhi per non vedere, fughe dal dolore e da se stesse. L'alcol, le dipendenze, le figlie strappate dal petto per donargli la possibilità di salvezza, le malattie. Un'infrangibile rete di nodi, stretti insieme forti e solidi, che ti tolgono l'aria. Eppure, in fondo, la capacità di andare oltre e rinascere, sempre. La storia di Syria è un monito a chi crede che da un fiore malato non possa che nascere un frutto cattivo: la sua vita ne è dimostrazione di carne. «Mi piace credere così, che una figlia erediti dalla madre e ancora indietro, ricchezze e fardelli, sorte e disgrazie. La vita è il frutto di ciò che i nostri antenati hanno seminato, nel bene e nel male. Noi, il raccolto, l'accidentale guadagno di un buono o cattivo coltivare, negli anni, nel tempo, nella storia. Ma nessuna rassegnazione ci colga nel divenire consapevoli delle ragioni, nessuno resti inerme: la mia esistenza è la prova che tutto può essere cambiato, che nulla è già prestabilito, che non è mai troppo tardi per sperare».